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Volontary Disclosure domestica

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  • Volontary Disclosure domestica

    Spinto dai vari messaggi in pvt ricevuti, ho pensato di fare cosa gradita agli utenti preparando una serie di brevi articoli esplicativi, per quanto mi è possibile, sugli esatti confini della VD e sulle modalità/conseguenze dell'adesione alla medesima. Ovviamente se Admin ritiene che lo spirito sia contrario alle logiche del forum farà piazza pulita e non mi offenderò di certo, non trattandosi di affare personale (lui sa bene che continueremo ad avere un buon rapporto).
    Inizierei con la vera novità rispetto ai precedenti scudi, ovvero la VD "domestica".
    L’art. 1, comma 2, della legge n. 186/2014 stabilisce che possono avvalersi della procedura di VD anche i contribuenti diversi da quelli obbligati al rispetto della normativa sul monitoraggio fiscale ovvero che, pur essendo destinatari tali obblighi, vi hanno correttamente adempiuto. Si tratta della VD domestica, introdotta, come precisato nella stessa norma, per sanare le violazioni degli obblighi di dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi - e relative addizionali - e delle imposte sostitutive delle stesse, dell’IRAP e dell’IVA nonché le violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d’imposta, commesse fino al 30 settembre 2014. In tali casi la misura delle sanzioni amministrative è fissata al minimo edittale ridotto di 1/4 (ad esempio in caso di infedeltà della dichiarazione la sanzione è ridotta alla misura del 75% di quella minima prevista).
    I soggetti interessati sono, in primo luogo, quelli “collegati” ai contribuenti che possono fare emergere, tramite analoga procedura, le attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori del territorio dello Stato. L'ambito soggettivo di applicazione di tale disposizione comprende, ad esempio, anche le società e gli altri enti, esclusi dagli obblighi di compilazione del modello RW, ma dalla cui evasione deriva la provvista finanziaria detenuta fuori del territorio dello Stato dal socio che si avvale della collaborazione volontaria “estera”. Si pensi al caso della sottofatturazione della società che ha consentito al socio di incassare l’importo non fatturato su di un conto estero: in questa ipotesi è possibile sanare, oltre alle violazioni contabili e dichiarative, anche quella relativa alla mancata applicazione della ritenuta sui dividendi percepiti dal socio.
    In tali casi gli amministratori della società possono avvalersi dell'esclusione della punibilità per i delitti di dichiarazione fraudolenta (utilizzando fatture false o mediante altri artifici) ovvero infedele od omessa e per quelli di omesso versamento di IVA e/o ritenute, nonchè per i reati di riciclaggio e di autoriciclaggio. Con riguardo, invece, al cosiddetto scudo fiscale la Corte di cassazione ha affermato che lo stesso non escludeva la responsabilità penale dell'amministratore , anche se una “apertura” interpretativa al riguardo è stata operata nelle sentenze dell’8 ottobre 2014, n. 41947, e del 2 dicembre 2014 n. 50308, riguardanti il caso del socio che ha “scudato” che è anche il dominus della società di capitali da cui deriva la provvista oggetto di regolarizzazione.
    La VD domestica è applicabile anche alle attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute nel territorio dello Stato, ad esempio in cassette di sicurezza.
    La VD in esame può essere attivata fino al 30.09.2015 e deve riguardare tutti i periodi d’imposta per i quali, alla data di presentazione della richiesta, non sono scaduti i termini per l’accertamento (cioè quelli dal 2010 in avanti ovvero dal 2006 in poi se sussistono i presupposti per i raddoppio dei termini).
    È, inoltre, stabilita una causa ostativa all'accesso alla detta procedura in caso di inizio dell’attività di controllo, in quanto la stessa non è ammessa se la richiesta è presentata dopo che l'autore della violazione - o uno dei soggetti solidalmente obbligati in via tributaria con lo stesso o concorrenti nel reato - abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, per violazione di norme tributarie, relativi all'ambito oggettivo di applicazione della procedura di collaborazione volontaria. La richiesta non può essere presentata più di una volta, anche indirettamente o per interposta persona.
    Al riguardo, in attesa dei necessari chiarimenti ufficiali, si pongono le seguenti questioni interpretative:
    - se la voluntary “domestica” possa essere attivata anche con riguardo a violazioni non strettamente connesse con quelle “estere”;
    - se la stessa debba essere obbligatoriamente estesa a tutte le violazioni “nazionali” commesse.

    In merito alla prima questione la risposta dovrebbe essere positiva, in quanto nel comma 2 e seguenti non è contenuta alcuna disposizione che stabilisca esplicitamente una regola contraria. Va, altresì, considerato che nell’art. 5-quater del D.L. n. 167/1990 - introdotto dalla normativa in esame - è stabilito che ai fini della voluntary disclosure “estera” il contribuente deve fornire spontaneamente all’Amministrazione finanziaria i documenti e le informazioni per la determinazione, oltre che dei redditi che servirono per costituire o acquistare gli investimenti e le attività di natura finanziaria, anche degli eventuali maggiori imponibili non connessi con le attività costituite o detenute all'estero.
    Quindi, poiché chi si avvale della voluntary “estera” può “sanare” violazioni non connesse con la stessa, si ritiene che tale possibilità vada riconosciuta, a maggior ragione, a coloro che fanno ricorso alla procedura di collaborazione in esame.
    Si ritiene, pertanto, che potrebbero rientrare nell’ambito applicativo della disposizione in esame anche le violazioni connesse, ad esempio, alle situazioni in presenza delle quali è configurabile la esterovestizione della società o l’esistenza in Italia di una stabile organizzazione occulta.

    Per quanto concerne la seconda problematica, si ritiene che la voluntary “domestica” non debba riguardare necessariamente tutte le violazioni commesse, perché nel comma 4 dell’art. 1 non è richiamata l’applicabilità alla procedura in discorso del comma 1 del detto art. 5-quater, nel quale è stabilito l’obbligo di indicare “tutti gli investimenti e tutte le attività di natura finanziaria”: obbligo che riguarda, quindi, soltanto quelli costituiti o detenuti all’estero.
    Inoltre è espressamente stabilito, come già evidenziato, che la causa ostativa opera se l’attività di accertamento o il procedimento penale sono “relativi all'ambito oggettivo di applicazione della procedura di collaborazione volontaria”. Tale precisazione non sarebbe stata, naturalmente, necessaria se tale procedura dovesse necessariamente riguardare tutte le violazioni commesse.
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