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Si può fare?

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  • Si può fare?

    Buon giorno a tutti , sono un nuovo utente e scusatemi se mi presento con la richiesta di un consiglio.

    A breve dovrei attivare un’attività con sede operativa sul territorio italiano, l’attività è di tipo produttivo e destinata al mercato europeo ma nell’immediatezza solo italiano.
    Per vari motivi vorrei avvalermi di una offshore, primo fra tutti il fatto che io sia una persona già impegnata lavorativamente e motivo non da meno per dare un’impronta internazionale e sofisticata alla nascitura.

    Credo sia chiara l’intenzione di utilizzare la società estera esclusivamente come sede.
    Mi chiedo a questo punto :
    è possibile avere la sede per esempio in UK e la sede operativa sul nostro territorio?
    In questo caso le sede italy sarebbe in regime fiscale come una normale s.r.l?
    Vorrei poi capire se i rapporti con le banche italiane possono risultare difficoltosi premetto che non ho intenzione di chiedere ne finanziamenti ne altre forme creditizie ma solo di eseguire i normali movimenti aziendali.

    Grazie anticipate, mino

  • #2
    succursale

    a quanto ne so, puoi costituire una società in uk che apre poi sul territorio italiano una succursale.
    ti giro una citazione tratta da un sito:

    Vi sono due soluzioni differenti tra loro: il Representative Office e l´ identificazione della società presso i Pubblici Registri.

    Nel primo caso la società estera apre unicamente un codice fiscale e posizione IVA e si comporta da ufficio di rappresentanza della società estera: in questo caso gli adempimenti contabili sono davvero semplici; và unicamente presentata una comunicazione di apertura in bollo alla camera di commercio locale sull’apertura di tale ufficio. E’ necessario inoltre designare un rappresentante fiscale in Italia.

    Nel secondo caso la società di diritto estero, pur mantenendo nome ed estensione (LTD, LLC, Corp ecc.) diviene una vera e propria Srl con tutti gli adempimenti che comporta: contabilità ordinaria, INPS, INAIL, bilanci e dichiarazioni mensili dell’IVA. La società dovrà designare i propri amministratori in Italia pur rimanendo di diritto estero in quanto fallibilità o bancarotta. Il rappresentante fiscale ha un ruolo limitato alla registrazione.

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    • #3
      Originariamente Scritto da mino Visualizza Messaggio
      Buon giorno a tutti , sono un nuovo utente e scusatemi se mi presento con la richiesta di un consiglio.

      A breve dovrei attivare un’attività con sede operativa sul territorio italiano, l’attività è di tipo produttivo e destinata al mercato europeo ma nell’immediatezza solo italiano.
      Per vari motivi vorrei avvalermi di una offshore, primo fra tutti il fatto che io sia una persona già impegnata lavorativamente e motivo non da meno per dare un’impronta internazionale e sofisticata alla nascitura.

      Credo sia chiara l’intenzione di utilizzare la società estera esclusivamente come sede.
      Mi chiedo a questo punto :
      è possibile avere la sede per esempio in UK e la sede operativa sul nostro territorio?
      In questo caso le sede italy sarebbe in regime fiscale come una normale s.r.l?
      Vorrei poi capire se i rapporti con le banche italiane possono risultare difficoltosi premetto che non ho intenzione di chiedere ne finanziamenti ne altre forme creditizie ma solo di eseguire i normali movimenti aziendali.

      Grazie anticipate, mino
      Certo, è possibile avere la sede in UK ed una sede secondaria in Italia. la sede in Uk puo' benissimo essere inattiva (dormant account ) e le attività possono essere svolte totalmente in italia e/o in altri paesi. certo a quel punto la società è una società di capitali italiana a tutti gli effetti, soggetta alla tassazione ed agli adempimenti previsti dalla normativa italiana. In questo caso, non vedo vantaggi rispetto ad aprire direttamente in Italia una S.R.L. forse l'unico è rappresentato dal fatto di poter avere un capitale sociale piu' basso ( anche 1 sterlina ), ma si tratta di un vantaggio solo apparente. se la S.R.L. non è costituita da un unico socio non è necessario versare il totale (10.000 euro) del capitale sociale e comunque, successivamente puo' essere ritirato. da altra parte se il tuo C.S. è troppo basso nussun fornitore o istituto bancario ti darà fiducia.
      Per i rapporti con le banche non esiste nessun problema per la sede secondaria di una società estera, è una società italiana a tutti gli effetti.
      Sopra dici di voler utilizzare una società offshore, poi parli di una sede in Uk con sede operativa in Italia. Forse, per evitare confusione, è meglio se spieghi cosa vuoi fare, perchè preferisci una società estera ( motivi fiscali ? ) per darle una impronta internazionale mi sembra un motivo leggerino. se sappiamo quale è il tuo obiettivo , forse uno di noi potrebbe consigliarti bene.
      aspetto tue notizie.

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      • #4
        Si può fare?

        Caro Mino

        Come giustamente LRServices sottolinea, sarebbe utile capire esattamente se intendi una holding "estera" o "offshore", ovvero, il termine che è sinonimo di una società basata in uno stato a tassazione agevolata (nonostante il termine "offshore" viene talvolta usato per delineare una società oltreoceano, come potrebbe essere una costituita in Italia ma controllata/operante in U.S.).

        Visto che siamo in tema, colgo comunque l'occasione per fornire una breve panoramica sulla pianificazione fiscale tramite l'uso di strutture "offshore" (inteso come basate in paesi a bassa fiscalità) e, allo stesso tempo, rispondere a una richiesta che ho ricevuto privatamente tramite questo forum e che mi sembra opportuno rispondere apertamente per il beneficio di tutti.

        I primi punti da considerare nella strutturazione e programmazione fiscale di un'attività commerciale (oltre quello, ovviamente di rivolgersi a professionisti nel settore!) è quello della sede legale e amministrativa e dell'oggetto principale di tali attività. Infatti, in base all'ordinamento italiano, i soggetti Ires (ovvero, le società di capitali) si considerano residenti in Italia se, per la maggior parte del periodo d'imposta hanno nel territorio dello Stato, la sede legale o la sede dell'amministrazione , ovvero l'oggetto principale in Italia. Prendiamo questi tre fattori singolarmente.

        La sede legale è chiaramente identificata negli atti costitutivi della società (o è il risultato di una ridomiciliazione) e, al fine di questa breve panoramica sarei propenso a presumere la sede legale di tale società commerciale qui in Jersey (Isole del Canale) con il quale ordinamento societario e fiscale o maggior dimestichezza. Una società in Jersey puó essere costituita e amministrata da studi legali e/o società di servizi fiduciari presenti sull'Isola. Il consiglio che non mi stancheró mai di dare, è quello di evitare l'uso di quelle società di servizi che propongono servizi "dozzinali" e la costituzione di società in tutto il mondo (offshore e non) le quali, nella maggior parte dei casi, non hanno alcuna esperienza specifica e il loro uso spesso risulta in una doppia spesa in quanto i documenti costitutivi devono spesso essere modificati da un professionista del luogo e adattati alle reali esigenze del cliente.

        Mentre la sede legale non pone particolari problemi, l'individuazione della sede amministrativa è più problematica, in quanto escludendo che l'espressione possa assumere un significato di tipo amministrativo/contabile, occorre avere riguardo al luogo in cui vengono assunte le decisioni fondamentali della società ovvero alla localizzazione del management. Il ciò spesso ci riporta a dove il consiglio di amministrazione (CDA) si riunisce. A tal fine, la quasi totalità delle società di servizi presenti nelle giurisdizioni offshore, mette a disposizione, oltre alla sede legale e alla gestione della società, uno o più amministratori (chiaramente, a pagamento, che va dalle £1.000 annue (€1.400 - $1.900) alle £20.000 (€28.000 - $38.000), dipende dalla natura dell'attività svolta e dall'esperienza nel settore di tali amministratori). Gli altri amministratori della società saranno quelli che effettivamente controllano le attività nel territorio operativo della società. Qui in Jersey, come del resto in altri paesi offshore, i CDA possono essere tenuti per conferenza telefonica (quindi senza il bisogno che gli amministratori italiani partecipino fisicamente in Jersey, o nel paese dove la società riside legalmente). Nella quasi totalità degli Stati europei, laddove la maggioranza degli amministratori di una società estera non sono "fisicamente" presenti sul territorio si ha quasi sempre la certezza che la società è residente, ai fini amministrativi, nella giurisdizione dove la maggioranza degli amministratori partecipanti al CDA si riunisce "fisicamente". Per citare un'esempio dove vi sono due amministratori forniti dalla società di gestione nel Jersey e un'amministratore italiano che partecipano telefonicamente dall'Italia, la società viene considerata residente ai fini amministrativi in Jersey. Ciò nonostante vi sono norme anti-elusive sulla c.d. esterovestizione, ovvero la norma introdotta in Italia con il D.L. n. 223 del 2006 che prevede una riqualificazione delle residenza in Italia di società che, solo formalmente risultano essere soggetti esteri, ed a questi fini la norma prevede che si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell'amministrazione di società ed enti che detengono partecipazioni di controllo ai sensi del comma 1 dell'art. 2359 del codice civile (in altre parole, la norma colpisce le società estere partecipate e controllate con la maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria). A tal fine esistono meccanismi per evitare il controllo dei residenti italiani di una società estera attraverso l'utilizzo di società fiduciarie (ma questo andrà discusso con un professionista del settore all'atto della strutturazione della società)

        Il terzo elemento (l'oggetto principale della società) è quello che forse risulta "il piu" problematico. Nel caso dell'Italia, in fatti, il l'articolo 73 comma 3 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) attribuisce la residenza, ai fini della tassazione, di una società estera (indipendentemente da dove siano situate le sedi legali e amministrative) se l'oggetto principale dell'attività dalla società è svolta, durante la maggior parte del periodo di imposta, nel territorio dello Stato italiano. In parole semplici, questo significa che una società che acquista prodotti in Italia per poi rivenderli a soggetti residenti nello Stato o che produce prodotti o servizi e li vende "esclusivamente" sul territorio italiano, viene automaticamente identificata e tassata su tutti gli utili prodotti come un soggetto Ires in Italia. Le cose cambiano se (i) i beni commercializzati sono "intangibili" e (ii) se l'attività della società ha un carattere "internazionale" in modo che, durante il periodo d'imposta, l'oggestto principale non è svolto esclusivamente o nella maggior parte in Italia. Per quanto riguarda i beni intangibili, spesso commercializzati online sul web (come ad esempio, consulenze, e-books, file musicali ecc..) è importante che il server contenente tali beni sia situato offshore e che le vendite vengano "esclusivamente" gestite offshore. Qui l'esempio classico è la società commerciale con sede legale e amministrativa nelle Isole del Canale (la giurisdisdizione offshore per antonomasia usata in Europa, la quale verrà presto rimossa dalle famigerate Blacklists introdotte dall’articolo 167, comma 1, del Dpr n. 917/1986 visto gli accordi per lo scambio d'informazioni) che detiene i beni intangibili in un server situato presso la sede legale e i quali ordini sono gestiti dalla società di servizi fiduaciari che fornisce anche la maggioranza degli amministratori su direttive del CDA. I promotori italiani dell'iniziativa commerciale, magari attraverso una società di diritto italiano, "consigliano" al CDA le migliori strategie di acquisto e di vendita, ricevendo un compenso per il loro servizio di consulenza (sul quale pagheranno regolarmente le tasse in Italia), mentre il management effettivo ti tali acquisti e vendite viene effettivamente svolto dal CDA che, come abbiamo visto sopra, è basato nel Jersey. Per quanto riguarda invece i beni tangibili, un elemento internazionale è strettamente necessario al fine di far si che gli utili della società commerciale basata offshore non vengano attratti dal sopra citato articolo 73 del TUIR. È anche possibile acquistare beni tangibili in Italia da parte di una società offshore in esenzione di imposta. Tali prodotti, peró, andranno commercializzati a livello internazionale in un modo che, almeno per quanto riguarda le scritture contabili, sarà difficile, o meglio impossibile, identificare che la "maggior parte" delle vendite sono state effettuate nell'ambito del territorio italiano evitando quindi di rientrare nello scopo dell'articolo 73 TUIR. Ora, rimane difficile spiegare in dettaglio la dinamica di tale operarazione su un forum publico, ma sono convinto che un professionista esperto nel settore potrebbe aiutare a capire meglio.

        Infine, l'altro aspetto che va considerato al fine di utilizzare in Italia i capitali accumulati dalla società offshore è importante capire il funzionamento dei trattati internazionali contro la doppia imposizione. In essenza, questi trattati che vengono sottoscritti tra due stati fanno si che se un soggetto fiscale che ha adempiuto agli obblighi si imposta (relativi ai proventi ricevuti) in uno dei due stati non deve essere tassato anche nell'altro stato. Chiaramente, il soggetto preferirà essere tassato nello stato dove l'imposta è minore (almeno tutti quelli che non si sentano "benefattori";o). La quasi totalità dei paesi offshore (per ovvie ragioni) non è firmataria di trattati contro la doppia imposizione direttamente con gli Stati europei. L'eccezione qui sono le Isole della Manica che hanno firmato trattati col Regno Unito e la Francia i quali, a loro volta, sono firmatari di trattati con, tra gli altri, il resto dei paesi CEE. Ne deriva che, al fine della pianificazione fiscale, vengono spesso interposte società inglesi tra le persone/società operanti in uno stato CEE (come l'Italia) e le società holding basate nelle Isole della Manica in modo da beneficiare delle norme contro la doppia imposizione. Anche in questo caso sarebbe inopportuno dettagliarne il funzionamento in questo forum ma, ricordate, un'esperto (non uno "spennapollo" come qualcuno ha ventilato sul Forum) può sembre dare buoni consigli.
        Spero che quanto sopra sia in qualche modo d'aiuto o di spunto.
        Ciao
        Amedeo

        Comment


        • #5
          Caro Mino

          Come giustamente LRServices sottolinea, sarebbe utile capire esattamente se intendi una holding "estera" o "offshore", ovvero, il termine che è sinonimo di una società basata in uno stato a tassazione agevolata (nonostante il termine "offshore" viene talvolta usato per delineare una società oltreoceano, come potrebbe essere una costituita in Italia ma controllata/operante in U.S.).

          Visto che siamo in tema, colgo comunque l'occasione per fornire una breve panoramica sulla pianificazione fiscale tramite l'uso di strutture "offshore" (inteso come basate in paesi a bassa fiscalità) e, allo stesso tempo, rispondere a una richiesta che ho ricevuto privatamente tramite questo forum e che mi sembra opportuno rispondere apertamente per il beneficio di tutti.

          I primi punti da considerare nella strutturazione e programmazione fiscale di un'attività commerciale (oltre quello, ovviamente di rivolgersi a professionisti nel settore!) è quello della sede legale e amministrativa e dell'oggetto principale di tali attività. Infatti, in base all'ordinamento italiano, i soggetti Ires (ovvero, le società di capitali) si considerano residenti in Italia se, per la maggior parte del periodo d'imposta hanno nel territorio dello Stato, la sede legale o la sede dell'amministrazione , ovvero l'oggetto principale in Italia. Prendiamo questi tre fattori singolarmente.

          La sede legale è chiaramente identificata negli atti costitutivi della società (o è il risultato di una ridomiciliazione) e, al fine di questa breve panoramica sarei propenso a presumere la sede legale di tale società commerciale qui in Jersey (Isole del Canale) con il quale ordinamento societario e fiscale o maggior dimestichezza. Una società in Jersey puó essere costituita e amministrata da studi legali e/o società di servizi fiduciari presenti sull'Isola. Il consiglio che non mi stancheró mai di dare, è quello di evitare l'uso di quelle società di servizi che propongono servizi "dozzinali" e la costituzione di società in tutto il mondo (offshore e non) le quali, nella maggior parte dei casi, non hanno alcuna esperienza specifica e il loro uso spesso risulta in una doppia spesa in quanto i documenti costitutivi devono spesso essere modificati da un professionista del luogo e adattati alle reali esigenze del cliente.

          Mentre la sede legale non pone particolari problemi, l'individuazione della sede amministrativa è più problematica, in quanto escludendo che l'espressione possa assumere un significato di tipo amministrativo/contabile, occorre avere riguardo al luogo in cui vengono assunte le decisioni fondamentali della società ovvero alla localizzazione del management. Il ciò spesso ci riporta a dove il consiglio di amministrazione (CDA) si riunisce. A tal fine, la quasi totalità delle società di servizi presenti nelle giurisdizioni offshore, mette a disposizione, oltre alla sede legale e alla gestione della società, uno o più amministratori (chiaramente, a pagamento, che va dalle £1.000 annue (€1.400 - $1.900) alle £20.000 (€28.000 - $38.000), dipende dalla natura dell'attività svolta e dall'esperienza nel settore di tali amministratori). Gli altri amministratori della società saranno quelli che effettivamente controllano le attività nel territorio operativo della società. Qui in Jersey, come del resto in altri paesi offshore, i CDA possono essere tenuti per conferenza telefonica (quindi senza il bisogno che gli amministratori italiani partecipino fisicamente in Jersey, o nel paese dove la società riside legalmente). Nella quasi totalità degli Stati europei, laddove la maggioranza degli amministratori di una società estera non sono "fisicamente" presenti sul territorio si ha quasi sempre la certezza che la società è residente, ai fini amministrativi, nella giurisdizione dove la maggioranza degli amministratori partecipanti al CDA si riunisce "fisicamente". Per citare un'esempio dove vi sono due amministratori forniti dalla società di gestione nel Jersey e un'amministratore italiano che partecipano telefonicamente dall'Italia, la società viene considerata residente ai fini amministrativi in Jersey. Ciò nonostante vi sono norme anti-elusive sulla c.d. esterovestizione, ovvero la norma introdotta in Italia con il D.L. n. 223 del 2006 che prevede una riqualificazione delle residenza in Italia di società che, solo formalmente risultano essere soggetti esteri, ed a questi fini la norma prevede che si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell'amministrazione di società ed enti che detengono partecipazioni di controllo ai sensi del comma 1 dell'art. 2359 del codice civile (in altre parole, la norma colpisce le società estere partecipate e controllate con la maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria). A tal fine esistono meccanismi per evitare il controllo dei residenti italiani di una società estera attraverso l'utilizzo di società fiduciarie (ma questo andrà discusso con un professionista del settore all'atto della strutturazione della società)

          Il terzo elemento (l'oggetto principale della società) è quello che forse risulta "il piu" problematico. Nel caso dell'Italia, in fatti, il l'articolo 73 comma 3 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) attribuisce la residenza, ai fini della tassazione, di una società estera (indipendentemente da dove siano situate le sedi legali e amministrative) se l'oggetto principale dell'attività dalla società è svolta, durante la maggior parte del periodo di imposta, nel territorio dello Stato italiano. In parole semplici, questo significa che una società che acquista prodotti in Italia per poi rivenderli a soggetti residenti nello Stato o che produce prodotti o servizi e li vende "esclusivamente" sul territorio italiano, viene automaticamente identificata e tassata su tutti gli utili prodotti come un soggetto Ires in Italia. Le cose cambiano se (i) i beni commercializzati sono "intangibili" e (ii) se l'attività della società ha un carattere "internazionale" in modo che, durante il periodo d'imposta, l'oggestto principale non è svolto esclusivamente o nella maggior parte in Italia. Per quanto riguarda i beni intangibili, spesso commercializzati online sul web (come ad esempio, consulenze, e-books, file musicali ecc..) è importante che il server contenente tali beni sia situato offshore e che le vendite vengano "esclusivamente" gestite offshore. Qui l'esempio classico è la società commerciale con sede legale e amministrativa nelle Isole del Canale (la giurisdisdizione offshore per antonomasia usata in Europa, la quale verrà presto rimossa dalle famigerate Blacklists introdotte dall’articolo 167, comma 1, del Dpr n. 917/1986 visto gli accordi per lo scambio d'informazioni) che detiene i beni intangibili in un server situato presso la sede legale e i quali ordini sono gestiti dalla società di servizi fiduaciari che fornisce anche la maggioranza degli amministratori su direttive del CDA. I promotori italiani dell'iniziativa commerciale, magari attraverso una società di diritto italiano, "consigliano" al CDA le migliori strategie di acquisto e di vendita, ricevendo un compenso per il loro servizio di consulenza (sul quale pagheranno regolarmente le tasse in Italia), mentre il management effettivo ti tali acquisti e vendite viene effettivamente svolto dal CDA che, come abbiamo visto sopra, è basato nel Jersey. Per quanto riguarda invece i beni tangibili, un elemento internazionale è strettamente necessario al fine di far si che gli utili della società commerciale basata offshore non vengano attratti dal sopra citato articolo 73 del TUIR. È anche possibile acquistare beni tangibili in Italia da parte di una società offshore in esenzione di imposta. Tali prodotti, peró, andranno commercializzati a livello internazionale in un modo che, almeno per quanto riguarda le scritture contabili, sarà difficile, o meglio impossibile, identificare che la "maggior parte" delle vendite sono state effettuate nell'ambito del territorio italiano evitando quindi di rientrare nello scopo dell'articolo 73 TUIR. Ora, rimane difficile spiegare in dettaglio la dinamica di tale operarazione su un forum publico, ma sono convinto che un professionista esperto nel settore potrebbe aiutare a capire meglio.

          Infine, l'altro aspetto che va considerato al fine di utilizzare in Italia i capitali accumulati dalla società offshore è importante capire il funzionamento dei trattati internazionali contro la doppia imposizione. In essenza, questi trattati che vengono sottoscritti tra due stati fanno si che se un soggetto fiscale che ha adempiuto agli obblighi si imposta (relativi ai proventi ricevuti) in uno dei due stati non deve essere tassato anche nell'altro stato. Chiaramente, il soggetto preferirà essere tassato nello stato dove l'imposta è minore (almeno tutti quelli che non si sentano "benefattori";o). La quasi totalità dei paesi offshore (per ovvie ragioni) non è firmataria di trattati contro la doppia imposizione direttamente con gli Stati europei. L'eccezione qui sono le Isole della Manica che hanno firmato trattati col Regno Unito e la Francia i quali, a loro volta, sono firmatari di trattati con, tra gli altri, il resto dei paesi CEE. Ne deriva che, al fine della pianificazione fiscale, vengono spesso interposte società inglesi tra le persone/società operanti in uno stato CEE (come l'Italia) e le società holding basate nelle Isole della Manica in modo da beneficiare delle norme contro la doppia imposizione. Anche in questo caso sarebbe inopportuno dettagliarne il funzionamento in questo forum ma, ricordate, un'esperto (non uno "spennapollo" come qualcuno ha ventilato sul Forum) può sembre dare buoni consigli.
          Spero che quanto sopra sia in qualche modo d'aiuto o di spunto.
          Ciao
          Amedeo

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          • #6
            Ok, per essere più chiaro spiego la mia situazione, dunque :
            la mia attuale posizione lavorativa non mi permette di essere “anche” il proprietario di un’azienda (escludo a priori prestanomi).Ho l’interesse di restare anonimo come proprietario.

            Ho un business pronto per partire ma chiaramente lo start up deve essere il meno pesante possibile sotto il profilo finanziario. I costi di costituzione e attivazione di una s.r.l si aggirano intorno ai 20.000,00 € , quelli di una ltd sono decisamente inferiori (anche se non è molto chiaro alla fine quale sia il costo reale)
            Quindi interesse a spendere il meno possibile per la costituzione della società.

            Interesse a poter attivare una ltd oggi (sede legale), parcheggiarla e all’occorrenza farla partire in italia (unità produttiva) non appena ce ne sia la necessità.
            Non escludo poi le motivazioni di impronta internazionale che per la mia attività sono importanti.
            Di motivi fiscali in realtà non ne esistono visto che la ltd avrebbe la sua unità produttiva in italia comportandosi come una normale s.r.l.

            Grazie per l’attenzione. Mino

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            • #7
              Mino, penso che la risposta al tuo quesito l'abbiano già data Oliveira e LRServices, ovvero che è possibile avere una società costituita nel Regno Unito e aprire una succursale o sede amministrativa in Italia e, finchè non chiedi linee di credito (a meno che queste siano guarantiti o avallati), non dovresti avere difficoltà ad aprire e operare conti correnti in Italia.
              Una cosa che vorrei aggiungere in termini di anonimità però, è che il registro delle imprese in UK (la Companies House) non garantisce l'anonimato degli amministratori e dei detentori di quote azionarie in quanto i loro nomi appaiono sul registro e chiunque, anche online, può ottenere una visura previo pagamento di poche sterline. Inoltre, se registri una succursale o la sede amministrativa in Italia, dovrai registrarti come rappresentante legale, nel primo caso, o amministratore nel secondo.
              Saluti
              Amedeo

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              • #8
                anonimo senza prestanome

                Mi sembra che per la situazione ipotizzata da Mino, cioè restare anonimo, ma non volendo ricorrere a prestanome, e tenere un'attività (o succursale ) in Italia è esattamente come voler la botte piena e la moglie ubriaca, il chè è possibile solo se sposi una botte.

                Se costituisci una società in UK comunque, come ti dice Amedeo, sei iscritto in pubblici registri consultabili.
                Se poi parliamo di Italia è tempo sprecato... o fai una srl come amministratore, o sei il rappresentante fiscale della Ltd Uk domiciliata in Italia.
                Senza prestanome non c'è possibilità di uscita.

                Sinceramente non se si possa costituire una Panamense con azioni al portatore e con essa detenere una ltd Uk.
                Non sono preparato sull'Uk, in Delaware Usa sarebbe possibile in Uk non so.

                Comunque l'anonimato cade sempre (qualora l'ipotesi sopra fosse percorribile) quando si mette piede in Italia.

                Anonimato in Italia senza prestanome è umanamente impossibile, se no non saremmo in ITALIA

                Comment


                • #9
                  Originariamente Scritto da Amedeo Del medico Visualizza Messaggio
                  Infatti, in base all'ordinamento italiano, i soggetti Ires (ovvero, le società di capitali) si considerano residenti in Italia se, per la maggior parte del periodo d'imposta hanno nel territorio dello Stato, la sede legale o la sede dell'amministrazione , ovvero l'oggetto principale in Italia. Prendiamo questi tre fattori singolarmente.
                  Amedeo
                  Amedeo, le tue considerazioni collimano perfettamente con le mie ricerche in materia di esterovestizione.
                  Ho anch'io un "si puo' fare ?" in realta' piu' semplice di quello in esame, almeno credo: consulenza informatica (contratti di manutenzione) per clienti svizzeri, da coprire con una Ltd. costituita in UK da parte di un socio residente in Italia.
                  Quindi l'oggetto principale sarebbe all'estero (attivita' su chiamata e comunicazioni telematiche, niente beni).
                  Mi risulta che un amministratore formale in UK non basti per il fisco italiano, in quanto con un solo socio non e' sostenibile che le decisioni vengano prese all'estero: di fatto non ci sarebbe un CDA.
                  Quali alternative rimangono per evitare che il domicilio fiscale della societa' venga attratto in Italia, ricadendo di fatto nel caso di esterovestizione ? Delega ad un trust ? Altri soci non italiani ? Altri soci italiani ?

                  Comment


                  • #10
                    Tommy, per quanto riguarda la presunzione di residenza "fiscale" di una società inglese, come già accennato sopra, la prassi comune e quella di far si che la maggior parte degli amministratori facenti parte del CDA si riuniscano fisicamente in UK (attenzione alla definizione di UK che comprende, tra gli altri, Inghilterra, Galles e Scozia, mentre qui forse parliamo di Inghilterra e Galles dove la società che ti interessa verrebbe registrata - essendo la Scozia un giurisdizione a parte ai fini societari). A tal fine, gli studi professionali e alcune delle le società che si occupano della registrazione e gestione della Ltd mettono a disposizione amministratori professionali previo pagamento di un compenso annuo. Ciò nonostante, se il problema è quello del budget iniziale, la normativa inglese in materia prevede che, laddove una società di capitali a responsabilità ilimitata (la c.d. Ltd) abbia un amministratore unico, la società è da ritenersi residente in Inghilterra se l'amministratore documenta le requisizioni e risoluzioni (ovvero le mette per iscritto) mentre è "fisicamente" presente sul territorio Inglese o Gallese (il che significa che dovresti recarti in Inghilterra ogni talvolta una decisione aziendale deve essere presa) "e" tali requisizioni e risoluzioni, unitamente ai libri contabili e documenti societari vengono conservati all'interno del territorio inglese o gallese. Allo stesso tempo, tutti i dati elettronici che fanno parte dei beni intangibili e servizi da te venduti, dovrebbero essere contenuti in un server (o hosting) registrato in Ingilterra.
                    Su questa premessa, mi sembra però di capire che il tuo problema sarebbe puramente quello della esterovestizione, ovvero della tua partecipazione (e controllo) della Ltd. Se tu invece detenessi meno del 25% delle quote della Ltd (gli esperti italiani in materia fiscale mi correggano se la soglia non è più quella del 25%) e il 75% venisse detenuto da soci inglesi, allora non dovresti avere problemi. L'uso di un trust potrebbe essere una soluzione da vagliare però attentamente. Il trust, infatti, dovrebbe essere puramente discrezionario (o caritatevole) e i beneficiari non dovrebbero essere identificabili in modo che, secondo il corrente ordinamento italiano, i i redditi del trust da partecipazione nella Ltd non andrebbero imputati ai beneficiari per trasparenza, bensi' al trustee. Anche qui, avresti la necessità di avvalerti di un trustee, a pagamento (ovvero un'individuo o una società residente in UK o in un paese a bassa fiscalità, nonostante, nel secondo caso, spesso non sarebbe possibile ingaggiare un "qualsiasi" residente in quanto la funzione del trustee è spesso regolamentata in paesi offshore ed è appannaggio di società di servizi autorizzate - alcune eccezzioni esistono, dipende dalla classificazione del trust). Ci sarebbe poi la necessità di individuare il modo in cui i redditi accumulati in capo al trust verrebbero utilizzati nell'ambito dell'oggetto della Ltd e della tua attività commerciale senza incorrere o mitigando il carico fiscale. Un punto nella tua richiesta che non mi è interamente chiaro è la proposta di utilizzare una Ltd registrata in Inghilterra dove l'equivalente dell'Ires è 30% contro il 33% in Italia il quale risparmio fiscale (3% circa) e sulle spese di costituzione e di capitale da versare (da una sterlina per una Ltd a €10.000 per una Srl) verrebbero negate dai costi amministrativi da sostenere in Inghilterra?
                    Saluti
                    Amede

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                    • #11
                      Amedeo, grazie della cortese risposta.
                      Per cio' che riguarda l'Ires ,con la finanziaria 2008 e' stata ridotta al 27%. Pero' mi risultava che la company tax in UK fosse del 19% per fatturati al di sopra di 50k, e del 23% sotto.
                      Per confronto con la tipica Srl, i vantaggi Ltd sarebbero:
                      - costi di costituzione.
                      - company tax inferiore all'ires (?).
                      - studi di settore.
                      - 20% INPS per i soci.
                      - 4% Irap.
                      Ammetto che i costi amministrativi in UK mi sfuggono ma vanno valutati.
                      Tradizionalmente (da 28 anni) sono abituato a gestire la contabilita' (snc, sas, etc.) in proprio, usando un commercialista di appoggio per la redazione delle dichiarazioni (e come cross-check). Pero' non conosco l'equivalente inglese dei registri iva, p. doppia etc.
                      Una motivazione specifica a favore della Ltd (nel mio caso) e' la gestione di clienti svizzeri, per i quali non si addebita l'iva (per extraterritorialita'). Gestendoli come ora insieme a clienti italiani, ci si trova sistematicamente in credito iva, da chiedere a rimborso allo stato italiano.
                      Se poi il fatturato italiano fosse prevalente (50%+1) niente rimborso del tutto, e' ridicolo ma e' la normativa iva vigente.
                      Da questo la necessita' di separare i clienti e l'uso di una Ltd in UK, come ipotesi da valutare.
                      Dalla tua cortese risposta mi sfugge (dal punto di vista della normativa italiana, non di quella britannica) la solidita' della posizione verso l'esterovestizione per cui la Ltd avrebbe un solo socio (italiano) ed un amministratore inglese, fatto salvo di tenere (e documentare) ogni riunione amministrativa in UK.
                      Sarebbe sufficiente per affermare che il domicilio della Ltd e' in UK a tutti gli effetti ?
                      Avere altri soci italiani non sarebbe un problema.

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                      • #12
                        Tommy, giusto per espandere sul calcolo dell'Ires in UK (imposte fino al corrente anno finanziario che finisce il 4 aprile 2008): i primi £10k di utile vengono esclusi, da £10.001 la prima aliquota del 23.75% è stata abolita, da £10.001 a £300.000 = 20% (cosi' come per le investment trusts e i fondi d'investimento aperti, indipendentemente dagli utili), da £300.001 a £1,5 milioni = 32,75 e da £1,5 milioni in su = 30%. Quindi se il tuo fatturato rimane inferiore ai £300k, 20% si applica. Da notare in termini di registrazione VAT (l'equivalente dell'IVA) è che, mentre per attività commerciali con presenza fisica la soglia di fatturato ai fini della registrazione è di £64,000 (mentre ci si può de-registrare quando, nell'anno precedente il fatturato è sceso al di sotto di £62,000) la soglia per la registrazione di una società che opera esclusivamente nel distance selling (vendite per corrispondenza, online ecc) è di £70k. Non sono sicuro se vi è l'obbligo di registrazione per società residenti ma operanti al di fuori del UK ma un'accountant (commercialista) sarà in grado di fornire delucidazioni. A questo proposito, è abbastaza comune (come del resto in Italia) che le piccole società mantengano la prima nota e si rivolgano a un'accountant per la preparazione dei bilanci e la dichiarazione all'Inland Revenue. Dipende dal volume d'affari e delle attività, la parcella media di un'accountant per un servizio simile è relativamente bassa, intorno alle 300/350 sterline annue. Una precisazione su contributi e Irap è che l'ultima non esiste in UK mentre i contributi (il c.d. National Insurance Contribution) per i soci sono interamente volontari (soggetti a un minimo di 8 sterline al mese).
                        Per quanto riguarda il domicilio della Ltd, come indicato sopra, o la presenza della maggior parte degli amministratori fisicamente alle riunioni del CDA o l'amministratore unico (anche se residente in Italia) che documenta le decisioni della società quando è fisicamente presente in UK sono sufficienti a stabilire, dal punto di vista britannico, la residenza della Ltd. Il problema dell'esterovestizione che potresti incontrare è rappresentato dalla presunzione normativa in materia che riguarda anche le società collocate in stati a fiscalità non privilegiata che consento lo scambio di informazioni (quindi anche una UK Ltd) prevedendo una riqualificazione della residenza della Ltd in Italia (anche se, da un punto di vista del diritto britannico, questa è chiaramente da considerarsi residente in UK ai fini fiscali) sulla base della tuo controllo totale della Ltd (basterebbe anche solo una maggioranza semplice dei soggetti controllanti la Ltd ai sensi dell'articolo 2359 comma 1 del Codice Civile). In teoria, anche il fatto che l'amministratore unico della Ltd sia residente sul territorio italiano darebbe adito alla presunzione normativa, nonostante, in sede applicativa della norma, potresti essere in grado di dimostrare, anche attraverso presunzioni, che effettivamente la sede fiscale della Ltd è da considerarsi estera (quindi, pagando l'Ires in UK e avvalendosi del trattato contro la doppia imposizione). Il tuo piano sembra assolutamente fattibile e sembra rispondere alle tue esigenze commerciali (particolarmente in materia d'IVA) ma un consiglio che ti darei è quello di considerare attentamente il controllo (non l'amministrazione, la quale abbiamo visto non presenta particolari problemi) della Ltd, magari con l'utilizzo di un trust di diritto britannico o di una fondazione.
                        Cari saluti
                        Amedeo

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                        • #13
                          Originariamente Scritto da mino Visualizza Messaggio
                          Ok, per essere più chiaro spiego la mia situazione, dunque :
                          la mia attuale posizione lavorativa non mi permette di essere “anche” il proprietario di un’azienda (escludo a priori prestanomi).Ho l’interesse di restare anonimo come proprietario.

                          Ho un business pronto per partire ma chiaramente lo start up deve essere il meno pesante possibile sotto il profilo finanziario. I costi di costituzione e attivazione di una s.r.l si aggirano intorno ai 20.000,00 € , quelli di una ltd sono decisamente inferiori (anche se non è molto chiaro alla fine quale sia il costo reale)
                          Quindi interesse a spendere il meno possibile per la costituzione della società.

                          Interesse a poter attivare una ltd oggi (sede legale), parcheggiarla e all’occorrenza farla partire in italia (unità produttiva) non appena ce ne sia la necessità.
                          Non escludo poi le motivazioni di impronta internazionale che per la mia attività sono importanti.
                          Di motivi fiscali in realtà non ne esistono visto che la ltd avrebbe la sua unità produttiva in italia comportandosi come una normale s.r.l.

                          Grazie per l’attenzione. Mino


                          Carissimo Mino, la parola anonimità non esiste, esiste la parola privacy che in genere nelle giurisdizioni offshore è garantità al 100% salvo richieste delle autorità per gravissimi reati come traffico di droga o di armi, non credo che questo sia il tuo caso. Chiaramente, se tu escludi a priori prestanomi ma vuoi essere anonimo, la soluzione è complicata. Occorrerebbe , a mio avviso, una attenta valutazione dei costi/benefici relativi a gestire la eventuale società estera ( in Uk o altrove ) tramite una fiduciaria.
                          Spesso però questa soluzione non è competitiva in termini di costi, a meno che il fatturato non sia particolarmente importante.
                          Mi sembrerebbe inoltre inutile costituire una LTD in UK al solo scopo di parcheggiarla ed utilizzarla se ve ne fosse necessità; un business va progettato con attenzione e deve essere chiaro cosa puo' servire e cosa no.
                          Pensaci bene.

                          Comment


                          • #14
                            Dai tui interventi deduco che vorresti partire con un'attività commerciale in Italia, schermandone la proprietà e riducendo i costi di start-up.

                            Tieni conto che una ltd che opera in Italia deve sostenere quasi tutti gli stessi costi di una s.r.l.

                            Questa deve inoltre fornire molti documenti ufficiali con traduzione giurata e con le apostille.

                            Tieni poi conto che si devono tenere in considerazione le spese di contabilità e delle dichiarazioni fiscali in Inghilterra, da aggiungersi a quelle in Italia.

                            Non ha molto senso costituire una ltd senza una vera previsione di un'attività dato che i tempi di costituzione sono di qualche giorno.

                            Se non ci sono obiettivi di tipo fiscale, una S.r.l. è ancora consigliabile.

                            Volendo schermare la proprietà senza ricorrere a prestanomi si può pensare a far detenere (e costituire) la S.r.l. da una Ltd, detenuta a sua volta da un trust.
                            "Tutti noi dobbiamo pagare le tasse, ma nessuna legge ci
                            obbliga a lasciare il resto
                            " - Morgan Stanley

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