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A proposito di di immobili italiani e società estere .

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  • A proposito di di immobili italiani e società estere .

    28 maggio 2018

    Domiciliazione fiscale all’estero ai fini dell’imposta di registro

    In caso di conferimenti immobiliari, ai fini dell’imposta di registro, l'ubicazione del patrimonio immobiliare in Italia è un elemento sufficiente a dimostrare che la sede della direzione effettiva di una società, formalmente con sede all’estero, sia situata in Italia. La tassazione in misura fissa è applicabile solo se la sede legale o amministrativa, posta in altro Stato UE, costituisce un centro amministrativo e direzionale effettivo e non una mera domiciliazione di comodo.

    Il caso – La Commissione Tributaria Regionale della Toscana, con la sentenza n. 933/1/18 del 16 maggio 2018, ha chiarito alcuni rilevanti aspetti in tema di domiciliazione fiscale.
    Nel caso di specie, una società ricorreva avverso un avviso di liquidazione emesso dall'Agenzia delle Entrate in materia di imposta di registro.
    Il ricorso veniva poi riunito, per connessione oggettiva e soggettiva, con quelli dei soci.
    Questi ultimi, infatti, nel 2011, avevano costituito una società lussemburghese. Con successiva delibera assembleare la società aumentava il proprio capitale mediante conferimenti da parte degli stessi soci della nuda proprietà di alcuni cespiti immobiliari siti in Italia.
    Tale conferimento veniva ripetuto in Italia con atto registrato presso l'Ufficio Territoriale, per consentire che la delibera assembleare producesse i suoi effetti anche in Italia, e al fine di renderne opponibile ai terzi gli effetti.
    Le parti richiedevano l'applicazione dell'imposta di registro in misura fissa ai sensi dell'art 4 nota IV della Tariffa - parte prima - allegata al DPR 131/96.

    Lo scopo dalla società sarebbe stato, come dichiarato, gestire la nuda proprietà dei beni immobili e terreni nell'interesse esclusivo dei tre figli.
    L'Agenzia emetteva però avviso di accertamento, in quanto disconosceva il diritto della registrazione dell'atto costitutivo in misura fissa ed applicava le imposte ordinarie, oltre che sanzioni "per mancanza di un qualsiasi collegamento certo ed effettivo della società con la realtà economica lussemburghese", introducendo così, ad avviso dei ricorrenti, un elemento non previsto dalla tariffa menzionata.
    Le parti eccepivano, tra le altre, l’illegittimità dell'avviso per erronea interpretazione ed applicazione dell'art. 4, nota IV, della Tariffa parte prima DPR 131/1986, in contrasto con le stesse direttive della Amministrazione e con i principi comunitari di libertà di stabilimento, sanciti dai trattati istitutivi della Comunità Europea.

    I ricorrenti affermavano poi l’illegittimità dell'avviso di liquidazione per difetto di motivazione, atteso il mancato assolvimento dell'onere della prova incombente sull'Ufficio e l’assenza di qualsivoglia intento elusivo.
    L'Agenzia delle Entrate, per conto suo, nel costituirsi in giudizio, controdeduceva che la società non era operativa e risultava priva di insediamento reale in Lussemburgo, mancando quindi i presupposti, per l’agevolazione.

    La medesima Amministrazione evidenziava inoltre la correttezza dell'interpretazione dell'Ufficio, in quanto le agevolazioni concesse dalla nota IV dell'art 4 della tariffa parte I erano state introdotte per adeguare la disciplina nazionale alla Direttiva CEE 69/335/CE del 17 luglio 1969, il cui art. 2 stabilisce che "le operazioni sottoposte all'imposta sul conferimenti sono tassabili unicamente nello stato membro sul territorio del quale si trova la sede della direzione effettiva della società di capitali al momento in cui hanno luogo dette operazioni", facendo quindi la normativa comunitaria riferimento alla sede della direzione effettiva e distinguendola dalla sede statutaria.

    La società in questione, del resto, secondo la tesi impositiva, non aveva ricavi, non aveva beni strumentali, non aveva personale dipendente, non sosteneva rilevanti spese, non aveva ulteriori investimenti in Lussemburgo ed era priva di operatività imprenditoriale.
    I soci, essendo usufruttuari, gestivano tutti gli immobili in questione, mentre la società e gli stessi amministratori non potevano disporre degli immobili, avendone trasferito la "nuda proprietà", ed essendo pertanto evidente, ad avviso dell’Agenzia, l'intento elusivo.
    Per i giudici di primo grado i ricorsi erano infondati.

    L'atto contestato riguardava infatti beni ubicati nel territorio dello Stato italiano, di proprietà di cittadini italiani, e la società creata in Lussemburgo riguardava la sola nuda proprietà, con soci (figli dei ricorrenti) anch’essi cittadini italiani. La società in Lussemburgo non risultava del resto operativa sotto nessun aspetto, né vi era la dimostrazione di alcuna attività esperita, ma solo una formale documentazione cartacea.
    I contribuenti presentavano quindi appello, contestando, in particolare, la insufficiente motivazione della sentenza in relazione alla fittizia localizzazione della residenza fiscale della società, l'erroneo ed incompleto percorso logico-giuridico seguito dalla CTP in ordine al mancato assolvimento dell'onere della prova in relazione alla sede amministrativa della società e, l’infondatezza dell'avviso per assenza di qualsivoglia intento elusivo nell'operazione di conferimento immobiliare.

    L’Ufficio replicava che la CTP aveva correttamente valorizzato gli elementi emersi durante l'attività istruttoria, essendo questi idonei a dimostrare che la sede di direzione effettiva della società in questione era ubicata in Italia e non in Lussemburgo. I contribuenti non avevano dimostrato, neanche in sede di appello, le ragioni dell'ubicazione di una società/scatola vuota nel Lussemburgo, laddove tale ubicazione non poteva trovare altra ragionevole spiegazione se non nell'applicazione dell'agevolazione fiscale in contestazione.

    Quanto poi all’asserito mancato assolvimento dell'onere della prova in relazione alla sede amministrativa, l'Ufficio, evidenziava che il recupero a tassazione non era legato (solo) alla cittadinanza italiana dei soci (fatto non contestato) e alla localizzazione in Italia degli immobili (circostanza comunque idonea, di per sé, a dimostrare che la sede della direzione effettiva si trovava in Italia), avendo l'Ufficio rilevato anche una pluralità di elementi, non contestati dalla Parte e presi in considerazione dalla CTP di Firenze, tali da dimostrare che la costituzione della società in Lussemburgo aveva avuto il mero fine di beneficiare dell'applicazione dell’agevolazione fiscale.

    La decisione – Secondo la CTR l'appello era infondato.
    La Commissione, riteneva, in particolare, non meritevole di accoglimento la doglianza in relazione alla fittizia localizzazione della residenza fiscale della società, anche considerato che l'ubicazione dei beni nel territorio dello Stato e il fatto che la società risultasse essere una società di mera intestazione formale, economicamente non operativa e priva di un insediamento reale in Lussemburgo, non erano state né contestate, né smentite in sede di appello.
    Nel merito poi il Collegio condivideva i riscontri effettuati dall'Ufficio, che avevano evidenziato una pluralità di elementi idonei a dimostrare che l'ubicazione della sede della direzione effettiva fosse in Italia.
    Dalle informazioni acquisite non era stato del resto possibile individuare in cosa consistesse la sede lussemburghese della società, che non risultava neppure dotata di uno specifico ed autonomo ufficio.
    Dai bilanci prodotti appariva infatti una "gestione statica", essendo altresì evidente la mancanza di un collegamento certo ed effettivo della società con la realtà economica lussemburghese, tanto da fare ritenere la stessa una società di mera intestazione formale, economicamente non operativa e priva di un insediamento reale nel predetto Stato.

    Conclusioni - Pertanto, ad avviso della CTR la domiciliazione all'estero era avvenuta al solo scopo di ottenere un indebito risparmio dell'imposta, connesso alla registrazione del conferimento immobiliare. E la "formale documentazione cartacea" non era idonea a dimostrare la sussistenza di una sede della direzione effettiva in Lussemburgo della società al momento del conferimento, riferendosi peraltro tale documentazione a dichiarazioni di istituti di credito, prive di efficacia probatoria in ambito processuale tributario, riferite a periodi successivi rispetto a quello in cui era stato operato il conferimento e nelle quali non era comunque dimostrato l'effettivo svolgimento di operazioni.

    Per quanto riguardava, infine, il luogo di assunzione delle decisioni, gli stessi appellanti davano atto che solo gli usufruttuari potevano gestire ed amministrare il patrimonio immobiliare, dato che la società e gli stessi amministratori non potevano disporre degli immobili, che, come detto, erano stati conferiti limitatamente alla nuda proprietà.

    E, in ogni caso l'ubicazione del patrimonio immobiliare, interamente localizzato in Italia, era un elemento che, come previsto dal paragrafo 25 del Commentario all'art. 4, comma 3 del Modello di convenzione OCSE, costituiva fatto sufficiente a dimostrare che la sede della direzione effettiva della società fosse situata in Italia, mentre la tassazione in misura fissa è applicabile solo se la sede legale o amministrativa, posta in altro Stato UE, costituisce un centro amministrativo e direzionale effettivo e non una mera domiciliazione di comodo.


    Autore: Giovambattista Palumbo

    Fonte : Fiscal-Focus.it
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