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Apple sotto inchiesta a Milano per frode fiscale

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  • Apple sotto inchiesta a Milano per frode fiscale

    La procura di Milano addenta la mela di Apple, la multinazionale californiana dell’iPhone. L’attività della filiale italiana è infatti oggetto di una indagine penale che ipotizza il reato di dichiarazione dei redditi fraudolenta, al momento contestato a due manager dell'azienda, in concorso tra loro e con l’aggravante della continuazione nel tempo. Il nome dei due dirigenti, in attesa di ulteriori accertamenti, è al momento ancora riservato.


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    Gli importi sottratti al fisco italiano, stando ai primi accertamenti, sarebbero molto rilevanti. Se le ipotesi investigative trovassero conferma, Apple Italia avrebbe sottostimato di 206 milioni di euro circa l'imponibile fiscale del 2010 di oltre 853 milioni quello del periodo d’imposta 2011, sulla base di una falsa rappresentazione delle scritture contabili e avvalendosi di mezzi fraudolenti tesi a ostacolare l’accertamento.

    In pratica, nei due anni contestati finora, Apple avrebbe nascosto al Fisco un miliardo e 60 milioni di euro di quelli che in gergo tributario si chiamano gli “elementi attivi” che concorrono al formazione dell'imponibile.
    Stando all'accusa, i profitti realizzati in Italia da Apple venivano contabilizzati dalla società di diritto irlandese Apple Sales International, seguendo uno schema molto diffuso anche in altre multinazionali dell’hi-tech e di internet, Google in primis, grazie al quale questi gruppi riescono a pagare tasse risibili sui loro enormi profitti, approfittando di una serie di norme nella legislazione irlandese che, di recente, sono state messe sotto osservazione dall'Unione europea.

    Sulla base di questi riscontri il sostituto procuratore titolare dell’inchiesta Adriano Scudieri, coordinato dall’aggiunto Francesco Greco, ha ordinato il sequestro di un corposo lotto di materiale informatico e telefonico, dopo una perquisizione che si è svolta nella sede della Apple in piazza San Babila a Milano, al fine di trovare le prove della frode una volta che il materiale sarà analizzato. Il decreto del sequestro è stato però impugnato; sulla sua correttezza dovrà dunque decidere il tribunale del Riesame.

    Scudieri si è avvalso dell’attività della direzione regionale lombarda dell’Agenzia delle Dogane, che - ad esempio - avrebbe rintracciato «gravi indizi» in ordine alla sottrazione dall’imposizione Ires (l'imposta sui redditi delle società) di somme molto rilevanti, sulla base anche delle dichiarazioni dei clienti di Apple Italia, ben celati dietro un «meccanismo fraudolento» che ha portato all’apertura del fascicolo a carico dei due indagati.

    L’ipotesi a monte è che Apple Italia non si occupi solo di supporto al canale di vendita e di assistenza e di servizi accessori alla società irlandese, ma sia il vero cuore dell’attività commerciale compiuta in Italia. In altre parole è che vi sia una stabile organizzazione ben celata dietro a quella leggera che viene invece indicata da Apple. Martedì 12 novembre il pm ha incontrato i legali degli indagati, che hanno scelto di farsi assistere dall’ex ministro della Giustizia del governo Monti, Paola Severino. Non si conoscono al momento i contenuti del colloquio.

    Da quanto risulta, un altro fascicolo in ordine a presunti reati fiscali commessi da Apple in Italia era già stato aperto in passato e successivamente archiviato. L’apertura di questo nuovo fronte giudiziario sembra indicare che la procura milanese ritenga ora di essere in possesso di maggiori riscontri circa l’ipotesi di frode.
    Guardando al di là della singola inchiesta, non si può non notare come cresca la pressione, anche in Italia, verso queste architetture societarie transnazionali che permettono alle multinazionali - e quelle della tecnologia sono nell’occhio del ciclone - di affrancarsi dal grosso della tassazione sui proventi dell’attività. E come anche in questo caso irrompa nuovamente con forza la questione irlandese nella lotta all’elusione delle regole del fisco italiano, e non solo.

    Alcuni Paesi hanno ipotizzato quella che viene chiamata “Google Tax”, di cui qualcuno discute anche in Italia in vista della prossima legge di Stabilità. Ma la quadra andrebbe cercata soprattutto in sede Ocse, dove la questione viaggia invece a rilento. Tutto il contrario della velocità con cui sfuggono al Fisco gli utili di Apple, Google, eBay e di molti altri giganti del web.

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